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19/01/2014

Tratto dal sito dell'Olimpia: www.olimpiamilano.com

Il giramondo Curtis Jerrells ha superato la fase più difficile dell'esperienza milanese, quella in cui devi farti conoscere, vincere la diffidenza, far capire che tipo giocatore sei per conquistare un nuovo ambiente. Giustamente esigente tra l'altro. Soprattutto in un ruolo, quello di playmaker se così vogliamo definirlo, in cui la tradizione Olimpia viaggia in due direzioni. Da un lato c'è il costante confronto con i grandi del passato, da Gianfranco Pieri a Giulio Iellini a Mike D'Antoni e Sasha Djordjevic passando per Nando Gentile e dall'altro c'è il passato prossimo che parla di incomprensioni, fallimenti, sfortuna. Jerrells poi non è un giocatore tradizionale. Come point-guard è un giocatore fisico, di personalità, che si fa sentire a rimbalzo ed interpreta un ruolo in senso moderno più che tradizionale. Ma Jerrells ha cuore, se deve fare la giocata decisiva la fa andando a sfidare i lunghi nel loro territorio (successe contro l?Efes Pilsen a Milano), oppure mitragliando dall?arco come ha fatto contro l'Olympiacos. E piano piano ha conquistato la gente di Milano. Qui racconta un po' della sua storia e delle sue aspirazioni.

LE ORIGINI - "Avevo 10 anni quando scoprii il basket" racconta -. Non ero ancora seriamente coinvolto a quei tempi ma cominciai a giocare nelle leghe giovanili. A quei tempi giocavo anche a football che ovviamente è molto popolare dove sono cresciuto, in Texas, ma maturando mi resi conto che ero molto più bravo a giocare a basket. Ed è così che ho scelto questa strada". Andò alla Del Valle High School e si affermò come uno dei più grandi prospetti texani. Poteva andare in diversi college sparsi in tutto il Nord America ma la sua scelta fu anticonvenzionale perché accettò di diventare il simbolo della rinascita di Baylor, sotto coach Scott Drew. Baylor si trova a Waco, nel cuore del Texas.

LA CRESCITA - A quei tempi Baylor aveva occupato le prime pagine dei giornali per i motivi sbagliati. Sotto il coach di allora, Dave Bliss, si era frantumato tutto. C?era stata una storia fatta di reclutamenti irregolari, lotte intestine e infine un giocatore, Patrick Dennehy fu addirittura ucciso da un compagno di squadra. Il programma era ridotto ai minimi termini. Scott Drew fu chiamato a salvarlo. E puntò su Curtis Jerrells perché da qualche parte bisognava ripartire. "Scelsi di andare a Baylor perché mi fecero sentire speciale e in qualche modo ero attratto dall'idea di far parte di qualcosa di differente, di non essere uno dei tanti ma una pedina chiave. E' stata una grande motivazione e la miglior scelte che potessi fare. Negli anni recenti hanno avuto successo a Baylor ma mi piace pensare che tutto sia cominciato con quella mia decisione. Li sento e seguo tantissimo, sono ancora uno della famiglia", racconta Big Curt.

IL PROFESSIONISMO - Dopo quattro anni a Baylor, l'assalto al mondo del basket professionistico. Una storia come altre: domini a livello liceale, sei una stella, vai al college, ti ritrovi in televisione, nei titoli dei giornali, sei un idolo e parlano di te come un futuro milionario della NBA. Poi arrivano i draft e scopri che ci sono tanti altri giocatori super a competere per lo stesso posto di lavoro, per gli stessi soldi. E non ti scelgono neanche. Devi ricominciare daccapo, magari invertarti un nuovo modo di giocare. Se tutto fosse andato nel modo giusto forse avrei avuto un'opportunità NBA migliore di quella che mi è stata presentata, soprattutto dopo quello che avevo fatto a Baylor. Ma non è successo racconta Jerrells che pure è transitato attraverso i San Antonio Spurs - e sono andato a Belgrado, dove nel primo mese ho sofferto davvero tanto, ad adattarmi al sistema di gioco, all'allenatore Vlade Jovanovic, a tutto quello che c'era attorno. Poi le cose gradualmente hanno cominciato a funzionare, Belgrado è una città fantastica, i tifosi sono spettacolari e ho sviluppato il mio rapporto con l'allenatore. Alla fine è stato lui spiegandomi bene come vanno le cose a convincermi che tornare in Europa sarebbe stata una buona idea.

QUI ISTANBUL - Jerrells rimase un anno al Partizan dove prima di lui ebbero Bo McCalebb e dopo Acie Law (adesso all'Olympiacos). Il Partizan è una fucina di talenti serbi ma anche una macchina da scouting che funziona. Dal Partizan sono transitati anche altri stranieri che hanno fatto fortuna in Europa come James Gist, Lawrence Roberts, l'australiano Alek Maric, Nathan Jawai. Curtis si ritrovò prima al Fenerbahce e poi al Besiktas, sempre a Istanbul (c?è stata anche una parentesi spagnola a Murcia). "Passai da Belgrado ad una città enorme come Istanbul, distanze pazzesche e uno stile di vita molto più americano nel quale mi sono trovato a mio agio ma poi è arrivata Milano e la considero una grande opportunità di dare finalmente stabilità alla mia carriera".

QUI MILANO "Scegliere Milano è stato un po' come scegliere a suo tempo Baylor. Lì venivano da anni difficili, qui non si è vinto niente per diverse stagioni, troppe stagioni, e la grande motivazione è quella di far parte del gruppo di giocatori che ribalteranno il trend come successe a Baylor nei miei ultimi due anni lì. Si tratta di far parte di qualcosa di speciale e poi renderlo addirittura differente", spiega Jerrells. In estate si fece convincere dall'Olimpia perché la trattativa fu lunghissima e ad un certo punto mi resi conto che se erano ancora lì ad aspettarmi mi volevano davvero. Mi hanno fatto sentire desiderato. Vorrei trovare stabilità qui a Milano perché è stata una scelta ponderata e convinta".

fonte: www.olimpiamilano.com