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25/06/2014

Racconto del declino del nostro sport nazionale.

Il calcio è involuto, o meglio, è proprio evoluto male. Se fosse involuto sarebbe tornato sui suoi passi e si vedrebbero partite tra calciatori a ritmi naturali; nello sfortunato caso della realtà, invece, domina la squadra che corre di più, quella che ha più atleti in campo e la tecnica e la classe contano sempre meno, soprattutto nel momento in cui ci sono un'infinità di partite da giocare durante l'anno. Ma allora perdonatemi, questo non è calcio, ma è atletica. E non ho nulla contro l'atletica, ma è il calcio lo sport che più di tutti riunisce gente a tifare per una maglia e popoli a tifare per la propria nazionale. Perlomeno allora dovrebbe essere uno sport corretto, in cui etica e SPORTIVITA' (parola che dà senso sia alla vittoria, sia alla sconfitta) sono regole auree da apprezzare in ogni partita che si disputa. Ma non è così. Non voglio tanto addentrarmi nelle spinose e deludenti questioni oltre-campo (vedi per esempio calcio scommesse), ma mi preme sottolineare quelle più evidenti e tangibili agli occhi dei tifosi. Penso di primo impatto alle simulazioni. Non è possibile che tutti i calciatori (diciamo il 90% dai) siano stati attori nelle loro vite passate. E, cosa ancor più grave, non è possibile che allenatori e dirigenti di una squadra tollerino che i propri giocatori facciano certe sceneggiate in campo. Anche noi italiani, ieri usciti miseramente dai Mondiali, siamo stati rappresentati da Balotelli che si vanta di essere un macho, ma che poi stramazza a terra ancor prima di aver subito il contatto e persino dal cannibalizzato Chiellini, guerriero in Italia fin quando gli arbitri gli permettono di protrarre i suoi gomiti sul volto dell'avversario, ma uccellino fragile quando è lui che deve subire un contatto. E non mi riferisco al morso, ma a quando nel primo tempo (ed in altre situazioni) è stato toccato sulla spalla e si è lanciato a terra con le mani sul volto, manco fosse colpito da Mike Tyson.
E non è tutto. La cosa più grave è la noia. Bisogna rendersi conto che ormai le partite divertenti sono diventate una rarità e questo fenomeno ha radici molto profonde. Non dipende tanto dall'abbassamento del livello tecnico generale, quanto dal fatto che il calcio è schiavo di se stesso, dei soldi che genera tramite sponsor e televisioni. Il risultato va al di là di tutto e purtroppo anche dello spettacolo: non solo c'è il discorso fatto prima sull'atletismo, ma va aggiunto anche quello della tattica asfissiante e dell'oppressione delle genialità individuali. Mi piacciono gli esempi (forse perché non sono bravo a spiegarmi bene) e quindi torno a ieri sera: l'Italia non ha fatto un tiro in porta e gli unici momenti emozionanti sono stati quando Verratti ha nascosto per due volte il pallone agli uruguaiani con due giochetti che solo gente di classe sa fare. Questo fa divertire ed il divertimento è tutto in uno sport. Non bisogna sopprimere la genialità e la classe dei giocatori solo perché si rischia di perdere il pallone e far segnare l'avversario. Non credo che nelle Finals NBA le squadre si divertano a perdere, ma se Rajon Rondo può fare un passaggio dietro la schiena o LeBron James una schiacciata devastante lo fanno, così non solo vincono, ma esaltano anche il pubblico. 
Proprio dall'NBA, sport che ha raggiunto un equilibrio tra intrattenimento ed economicità, bisognerebbe prendere spunto. Pensando al calcio europeo, trovo che non abbia più senso vedere Chievo-Catania con 3.000 spettatori presenti. E' ora di evolversi, di creare una lega europea in cui solo le grandi squadre (vedi anche grandi società) si scontrino tra loro e le partite siano solo di alto livello. Sarebbe anche l'occasione per avere delle società sostenibili economicamente e che generino ricavi e non aggrappate alla generosità (o alla follia) di certi proprietari. Ed è il momento di cambiare anche le radici di questo mondo, partendo dalle scuole e dalle scuole calcio. I bambini devono diventare bravi sportivi ancora prima che bravi calciatori. Ora mi rendo conto che questo discorso è lungo e non ha una fine, quindi qui mi fermo (così di punto in bianco) e vi richiedo: perdonate lo sfogo.